- Datazione bene: 1917
- Categoria progetto: Manutenzione
- TAG progetto: Armeria, Riparo, Trincea
- Luogo: Parco Nazionale dello Stelvio
Ricovero Austro-Ungarico nei pressi della cima del Monte Scorluzzo
Il ricovero in caverna è presso la cima del Monte Scorluzzo (m 3094), risalente al primo conflitto mondiale e realizzato dai militari austro-ungarici a presidio estivo e invernale di quella posizione.
La caverna – della lunghezza indicativa di 11 metri, per 3,5 di larghezza, per 2,5 di altezza – garantiva il riparo dal freddo e dalle intemperie, oltre che dai colpi dell’artiglieria italiana che per tutta la durata del conflitto, con insistenza, puntarono su quella fondamentale posizione posta a controllo del vicino Passo dello Stelvio e delle posizioni italiane, collocate lungo la sottostante dorsale del Filon dei Mot.
Il 3 novembre 1918, con la fine delle ostilità da parte austriaca, la caverna fu rapidamente e convulsamente abbandonata.
Parco Nazionale dello Stelvio, Lombardia
Museo della Guerra Bianca in Adamello di Temù
Alla fine del primo conflitto mondiale, l’ingresso della neve dalla porta di accesso e le infiltrazioni di acqua provenienti dal soffitto, hanno completamente riempito di ghiaccio gli interni del ricovero austro-ungarico nella caverna di Monte Scorluzzo. Da allora, l’ambiente ipogeo si è mantenuto completamente invaso dal ghiaccio rendendo possibile la conservazione della struttura lignea del ricovero e delle suppellettili in essa lasciate. Per le sue straordinarie condizioni di conservazione il bene costituisce un unicum di straordinario e inestimabile valore culturale.
Il progetto prevedeva opere di messa in sicurezza, smontaggio della struttura con recupero del contenuto, rimozione integrale finalizzata alla musealizzazione e valorizzazione del ricovero austro-ungarico in caverna di Monte Scorluzzo (m. 3094), posto in Comune di Bormio (Sondrio), nel settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio.
L’intervento realizzato è il recupero integrale della struttura lignea della baracca. Per fare ciò è necessario garantire la messa in sicurezza della volta della caverna secondo uno specifico progetto statico.
Le fasi di attuazione si sono composte di:
- elitrasporto in quota di attrezzature da cantiere;
- realizzazione micropali di sostegno della volta;
- smontaggio struttura lignea originale.
Il recupero del ricovero del Monte Scorluzzo costituisce un unicum di straordinario e inestimabile valore culturale, che, all’interno di un più ampio progetto di valorizzazione delle vicende storiche, occorse durante la Grande Guerra sulle montagne del Gruppo Ortles-Cevedale, potrà rappresentare un elemento di forte interesse e attrattività.
Nell’ambito della costante attività di monitoraggio del territorio da parte del Museo della Guerra Bianca, sin dall’inizio degli anni Duemila, sono stati effettuati specifici sopralluoghi a un ricovero in caverna posto presso la cima del Monte Scorluzzo (m 3094), risalente al primo conflitto mondiale e realizzato dai militari austro-ungarici a presidio estivo e invernale di quella posizione.
La caverna – della lunghezza indicativa di 11 metri, per 3,5 di larghezza, per 2,5 di altezza – garantiva il riparo dal freddo e dalle intemperie, oltre che dai colpi dell’artiglieria italiana che per tutta la durata del conflitto e con insistenza puntarono su quella fondamentale posizione posta a controllo del vicino Passo dello Stelvio e delle posizioni italiane, collocate lungo la sottostante dorsale del Filon dei Mot.
Il 3 novembre 1918, con la fine delle ostilità da parte austriaca, la caverna fu rapidamente e convulsamente abbandonata: il probabile immediato ingresso di neve dalla porta di accesso e le successive infiltrazioni di acqua pluviale e da disgelo provenienti dal soffitto hanno completamente riempito di ghiaccio i suoi interni.
Nonostante la vicinanza dal Passo dello Stelvio e la facilità di accesso, e nonostante l’evidente ingresso al ricovero stesso (con un’ampia apertura e qualche scalino in discesa), tutto l’ambiente ipogeo si è mantenuto completamente invaso dal ghiaccio e come tale inaccessibile: ciò ha reso possibile la conservazione al suo interno dell’intera struttura del ricovero (realizzata con travi e assiti in legno) e delle suppellettili in essa lasciate nel precipitoso abbandono della stessa.
Nel corso degli anni 2015 e 2016, caratterizzati da estati particolarmente calde e da inverni con scarsissimi apporti nevosi, si è avviato un progressivo scioglimento degli strati superiori del ghiaccio presente all’interno della caverna, fino a fare emergere in tutta la sua completezza le travature e gli assiti in legno del soffitto del ricovero.
L’abbassamento del ghiaccio ha dato avvio al progressivo degrado di tali strutture lignee, e ha purtroppo reso possibile l’ingresso di ricercatori di cimeli bellici, i quali non hanno esitato a divellere una parte della copertura per accedere all’interno e prelevare quanto fosse per loro raggiungibile e d’interesse.
Onde evitare un ulteriore degrado delle strutture e del materiale contenuto nella baracca, e onde evitare il probabile proseguimento di attività illecite di asportazione di materiali, a partire dall’estate 2017 e poi nell’anno 2018 – previa comunicazione al Comando dei Carabinieri Forestali in servizio nel settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio, e all’Ufficio Tutela beni storico-artistici ed etnoantropologici del Segretariato Regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Museo della Guerra Bianca, in stretta collaborazione logistica con il Parco Nazionale dello Stelvio, ha effettuato lo svuotamento dell’80% dei circa 60 m3 di ghiaccio presenti all’interno della caverna.
Tale opera è stata realizzata mediante l’utilizzo di idropulitrici professionali ad acqua calda, che hanno reso possibile il recupero dei beni mobili che via via emergevano all’interno del ricovero e lo smontaggio delle strutture lignee minori. I reperti sono quindi stati posti in sicurezza e trasferiti in sede idonea alla loro prima conservazione.
L’operazione – mai prima effettuata per le sue caratteristiche e per le difficili condizioni operative e logistiche del sito – è stata, ed è, alquanto complessa: gli esempi di recenti interventi su alcuni ricoveri d’epoca bellica realizzati nella Provincia Autonoma di Trento (si pensi al caso di Punta Linke, Monte Vioz, m. 3632) si sono sinora limitati al solo “svuotamento” dal ghiaccio degli ambienti con il relativo rilievo e recupero dei beni mobili presenti, senza che sia avvenuto il recupero delle strutture lignee, le quali, date le condizioni ambientali del sito, sono andate rapidamente incontro a degrado.
Nel corso dell’estate 2019 le operazioni di svuotamento della caverna dal ghiaccio e di rimozione delle travi e degli assiti in legno sono state riprese e completate, avviando anche una serie di indagini scientifiche sul sito e sul materiale recuperato (glaciologiche, batteriche, epidemiologiche, botaniche, zoologiche, geormorfolgiche) e lo svolgimento di ricerche storico/archivistiche.